Il recente varo dell’AI Act ha scatenato un acceso dibattito sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel contesto giudiziario, concentrandosi in particolare sul riconoscimento facciale. Sebbene alcuni sottolineino i benefici di questa tecnologia nella lotta alla criminalità, voci critiche, come Amnesty International, sollevano serie preoccupazioni riguardo ai potenziali rischi per i diritti umani.
L’AI Act si propone di trovare un equilibrio delicato tra la sicurezza pubblica e la tutela della privacy individuale. Essa si prefigge di garantire che i sistemi di intelligenza artificiale adoperati all’interno dell’Unione Europea rispettino appieno i valori e i diritti fondamentali dell’UE, inclusi il controllo umano, la sicurezza, la trasparenza e la non discriminazione.
Con l’approvazione di questo atto legislativo, l’Unione Europea si pone all’avanguardia mondiale nell’imporre regole stringenti sull’impiego dell’intelligenza artificiale, fornendo un robusto quadro di protezione per i cittadini.
L’utilizzo di telecamere dotate di software per il riconoscimento facciale è stato oggetto di discussione a livello nazionale già tra il 2022 e il 2023. Alcuni comuni italiani hanno tentato di introdurre tali dispositivi per la prevenzione dei reati ma sono stati fermati dal Garante Privacy per mancanza di garanzie sufficienti per i diritti degli individui.
Il legislatore italiano ha quindi istituito una moratoria sull’uso di tali telecamere fino al dicembre 2023, in attesa delle direttive europee, ufficialmente emanate il 13 marzo 2024.
Data la capacità di questa tecnologia di individuare soggetti sia in tempo reale che in seguito, l’esclusione del suo utilizzo, seppur con limitazioni rigorose e garanzie legali, sarebbe risultata incoerente con il quadro giuridico generale e quello giudiziario in particolare.
L’AI Act stabilisce il riconoscimento facciale come ammissibile in specifici settori, mentre lo vieta completamente in altri, riflettendo la complessità e le implicazioni etiche di questa tecnologia.
La critica più ferma proviene da Mher Hakobyan, consulente di Amnesty International, che sottolinea come l’AI Act, pur essendo considerato un modello di regolamentazione globale, non tenga adeguatamente conto dei principi fondamentali dei diritti umani.
È essenziale circoscrivere e limitare l’applicazione di tali strumenti data la loro intrusività. Il bilanciamento raggiunto a livello europeo è senz’altro ragionevole, ma molto dipenderà dall’effettiva implementazione nei singoli Stati membri.